⏩ Click Here for Korean



Solhee Baek
Prima di tutto potrebbe presentarsi?
Jiseon Moon
Innanzitutto, vorrei ringraziarvi per avermi invitato come intervistata per il primo numero di Keener. Sono Moon Ji Seon e attualmente vivo a Milano. Sono una persona ordinaria che prima di stanziarsi a Milano, ha vissuto in diverse nazioni e città.
SH
Tutto qui? Potrebbe aggiungere qualche dettaglio, per favore?
JS
Haha, Ho studiato Design Industriale. Al momento, sto lavorando come freelancer in tre campi: Service Design, Interpretariato e Agente Commerciale, facendo avanti e indietro in vari posti.
SH
Ha detto che ha vissuto in diverse città. Puo’ essere più specifica?
JS
Sono nata in Germania. Ho trascorso sette anni in Germania, dieci mesi in Corea del Sud e successivamente mi sono trasferita in Italia. In seguito, ho passato tre anni in Toscana, due in Liguria poi sempre a Milano ed infine con tutta la famiglia in Australia con l’obiettivo di rimanerci a lungo. Tuttavia, dopo un anno siamo ritornati a Milano dove ho iniziato gli studi universitari con una piccola parentesi di studio all’estero a Parigi.
SH
So che come prima domanda potrebbe metterti a disagio. Ti sei mai sentita sola?
JS
È una domanda semplice ma allo stesso tempo complessa. A questa domanda la maggior parte delle persone risponderebbe di sì. Forse potrebbe essere più interessante chiedere se ho avuto momenti in cui non ho sentito la solitudine. Ho provato diversi tipi di solitudine. Inizialmente la solitudine che si prova  non appena si conosce il mondo fuori dalla famiglia. In seguito la solitudine che si prova all’interno della stessa famiglia, comprendendo così che la solitudine è un sentimento sempre presente, tra le persone.
SH
Parlando di solitudine all’interno e all’esterno della famiglia, di preciso che esperienze sono?
JS
In specifico, nel momento in cui esco di casa le persone, l’ambiente, ogni cosa in generale è il mondo fuori di casa. Nei primi anni di vita, conoscevo solamente la  famiglia e dopo essere cresciuta sotto l’affetto e la protezione famigliare, in un istante venendo a contatto con il mondo ho imparato il concetto di diversità. Il periodo in cui ho vissuto in Corea è stato breve, gran parte della mia vita l’ho passata all’estero e quindi ogni volta che uscivo di casa la “diversità” mi veniva a trovare. In quei momenti prima di pensare “ah mi sento sola”, riflettendo sui vari sentimenti che iniziavo a provare ho capito che tra di questi si trovava la solitudine. Crescendo e iniziando ad incontrare e a trascorrere tempo con persone e in situazioni più simili a me, gradualmente ho iniziato a provare una solitudine derivante da piccole incomprensioni o contrasti in famiglia.
SH
In base alle diverse situazioni in cui ti sei trovata, di preciso il tuo carattere di fronte ad amici di diverse culture, stessa cultura e famiglia, come variava?
JS
Ho veramente tante esperienze a riguardo. Pur avendo vissuto come straniera per tanto tempo, sono nata e cresciuta in un’atmosfera familiare molto conservatrice,  ereditando così all’inizio l’insieme di valori e la cultura stessa. Poi, iniziando ad andare a scuola, incontrando nuove persone e imparando nuovi pensieri ho iniziato a sviluppare un modo di pensare ed una serie di valori miei. Facendo sempre più miei questi valori, ho iniziato ad avere le prime idee non combacianti con i miei genitori. Questo non deve essere interpretato come uno scontro improvviso tra due modi di pensieri all’opposto ma bensì come un mix che è affiorato piano piano. Mostrando L’io che ho imparato attraverso la famiglia, le cose che ritengo preziose e che scelgo, e l’io influenzato dagli amici ho spesso avuto momenti di discussione su come la pensassi riguardo a vari argomenti. All’interno di questo processo piuttosto che parlare di solitudine la intenderei come un essere costantemente accompagnata da questo sentimento.
SH
Da un certo punto di vista potrei dire che hai vissuto intensamente?
JS
Potrebbe essere inteso come ardente o in modo accanito ma anche nei momenti in cui constatavo una diversità non colmabile, comunque riuscivo a trovare dei motivi validi. Ad esempio, se un/a mio/a amico/a non mi capiva riuscivo a comprenderlo/a dicendomi tra me stessa “ah perché lui/lei è italiano/a“ o nel caso dei miei genitori “in verità i miei genitori non conoscono a fondo la cultura italiana”. Questo mi ha permesso di allargare i miei orizzonti di comprensione. Anche in questi momenti, tuttavia, spesso mi veniva in mente “ma da quando siamo stati così differenti?”
SH
Per raggiungere questo livello di comprensione penso che tu ti sia dedicata molto alla comunicazione.
JS
Dipende da periodo a periodo. Momenti quasi di tenacia, impegnandomi al massimo per cercare di comprendere quella persona, momenti in cui ero fissata completamente sul mio pensiero. Quando ero più piccola il processo era molto più naturale, ma ad un certo punto questo attributo è venuto a mancare. Ho sentito un allontanamento tra il corpo di valori mio e quello dei miei genitori, ho sentito sempre un allontanamento anche con i miei amici nel momento in cui ho capito che il nostro modo di pensare era cambiato e non potevamo più connetterci. Sì se vogliamo usare il termine accanito potrebbe essere definite tale.
SH
C’è per caso un tratto speciale tra le persone con cui sei riuscita a stabilire una relazione profonda?
JS
Appena ho letto questa domanda sapevo che dovevo prepararmi in anticipo, ma per la difficoltà non ci sono riuscita. Nel momento in cui me l’hai fatta direttamente mi è venuta in mente una risposta. Un punto in comune particolare di queste persone è il fatto che fanno le stesse domande. Di preciso, facciamo tra di noi le stesse domande. Ovviamente le risposte possono essere differenti. Ma mi sembra importante l’atto stesso di fare domande simili. O altrimenti, quando uno fa una domanda a cui non avevamo mai pensato, iniziamo a riflettere sul fatto che avremmo dovuto porci questa domanda; tutto questo mi sembra essere il più grande fattore in comune tra le persone con cui ho stretto un rapporto profondo. Ad esempio, io ho fatto sempre tante domande riguardanti Dio. Ne ho parlato costantemente con mamma, sorella, fratello, amici e insegnanti. Questo perché sono nata in una famiglia cristiana e la maggior parte dei miei amici erano cattolici o atei. Per questo motivo, sono riuscita a conoscere numerosi punti di vista. Quindi, quando riuscivo a trovare un punto interessante nelle domande altrui, un punto che volevo condividere, in quel caso ho notato che la relazione diventava una connessione.
SH
Mi sembra che tu abbia fatto e faccia parte ancora oggi di numerosi gruppi, per citarne alcuni la comunità coreana, la chiesa coreana, scuola italiana, società italiana ecc. Ritengo che tu abbia avuto numerosi imprevisti prima di raggiungere questo modo di pensare. Hai avuto particolari difficoltà o puoi dirmi qualche sforzo che hai fatto per connetterti con queste persone?
JS
Ho avuto molti momenti del genere. Mi viene in mente la mia infanzia. Volevo diventare amica con una persona, ma non volevo far parte del gruppo a cui apparteneva quest’ultima. Ripensandoci penso che questo sentimento derivava dal fatto che il suo gruppo era molto “riconosciuto” dal punto di vista sociale e quindi volevo stare insieme a loro e mi vergogno del fatto di non essermi comportata da me stessa quando in modo quasi forzato dovevo trascorrere del tempo con loro.
Comunque, penso che per mantenere un rapporto continuo serva impegno e tanta volontà.
SH
Per i tuoi attuali rapporti che genere di impegno hai dovuto mettere in atto?
JS
Sincerità, essere autentici. Penso che la sincerità debba venire prima di tutto. Non importa quanto sei diverso da quella persona. Ma se indossi una maschera per cercare di somigliarmi in modo forzato o ti senti in un modo ma esterni un altro sentimento (mancando quindi di sincerità) allora penso che questo sia un comportamento sia furbo ma anche ambiguo.
SH
Quindi pensi che anche se uno mostra un lato negativo è meglio essere sinceri piuttosto che ipocriti?
JS
Ovviamente ognuno durante la propria vita sociale, mostra aspetti diversi rispetto al carattere originale. Ad esempio, quello che vorrei richiedere è parlare con sincerità. Anche un semplice saluto o chiedermi come sto, vorrei che derivasse da un sincero interessamento nei miei confronti. Questo si riferisce anche allo stare in silenzio quando non si ha voglia di parlare.
SH
Penso che tu abbia una buona mentalità riguardo ai rapporti interpersonali.
JS
Utilizzatelo quanto volete.
SH
Quindi questa mentalità l’hai ottenuta in modo naturale o dopo aver affrontato numerose esperienze?
JS
Entrambi. Su questo ringrazio molto mio padre, perché non abbiamo mai smesso di discutere su vari temi. Di fronte ad un problema, seduti sul tavolo come ad un “debating club”, ascoltavamo le opinioni rispettive, condividendo le nostre conclusioni e le ragioni che supportano queste. Ovviamente, la conclusione era sempre “la penso a modo mio”.  Da mio padre ho imparato l’importanza di riflettere dal punto di vista del prossimo, applicando questo modo di vivere anche nelle relazioni con i miei amici. Spesso mio padre mi diceva “Hai mai provato a riflettere dal mio punto di vista?”. Quindi, penso di essere una persona che giunge alle conclusioni in modo autonomo, senza però trascurare le opinioni altrui.
SH
Penso sia un ottimo metodo di comunicazione.
JS
È troppo facile non parlare con una persona solo perché penso di avere idee contrastanti e inconciliabili, preferisco ascoltare fino alla fine il pensiero di una persona per quanto possa essere diverso dal mio. Per questo motivo, è anche una forma di rispetto da parte mia riordinare le mie idee e comunicarle al prossimo.
SH
Ora passiamo ad altro e vorrei chiederti quali sono i vantaggi o gli svantaggi di essere una coreana nata e vissuta in diversi paesi all’estero.
JS
Prima di tutto, direi il fatto di avere una prospettiva più larga rispetto alle persone che hanno vissuto in un solo paese, il fatto di aver appreso un atteggiamento attraverso cui se c’è qualcosa da vedere o da imparare cerco di aprirmi dando il meglio di me stessa. Il fatto di conoscere un paese, una lingua, una cultura in più. Parlando dei difetti, soprattutto in età più giovane, direi la confusione sulla mia identità. Quando ero più piccola, in tutta la città la mia famiglia era l’unica famiglia asiatica e a scuola gli unici asiatici eravamo io, mia sorella e una  ragazza cinese. Crescendo in un ambiente del genere ne ho viste di ogni. Riflettendoci, penso che all’epoca ne ho sofferto abbastanza. Erano bambini che, di fronte a persone ed una cultura con cui non avevano mai avuto contatti, hanno iniziato a deridermi e prendere in giro, una presa in giro tipica da bambini, senza cattiveria, ma comunque sbagliata e capace di ferire. Ho anche un altro aneddoto divertente. Un giorno si è trasferito nella nostra scuola un ragazzo. Io pensavo che parlando bene l’italiano non avrebbe mai saputo che fossi coreana. Per questo motivo, di fronte a lui ho sfoggiato il mio italiano e lui mi ha chiesto “sei cinese?”. All’epoca sono rimasta scioccata. Chiedendomi tra me stessa come ha fatto a scoprirlo? In quale punto ho sbagliato? Non ho proprio pensato che il motivo poteva essere il mio aspetto esteriore, dato che non mi era mai venuto in mente che siamo diversi nell’aspetto. Anche l’espressione “scoperta” è abbastanza interessante visto che non è assolutamente una cosa da nascondere, ma volevo farlo per rimanere nel gruppo. Nel caso riuscissi a nasconderlo. Quando non ero riuscita a ben definire la mia identità, volevo essere considerata non coreana ma italiana, australiana; in generale essere considerata della stessa nazionalità del paese in cui mi trovavo. Queste confusioni sono un processo da cui non bisogna scappare. Solo dopo aver affrontato questo processo, si è capaci alla fine di giungere a conclusioni del tipo “ Io non sono né coreana né italiana.”. O altrimenti “ io sono sia coreana che italiana”, raggiungendo una sorta di solidità. Sicuramente ci vuole del tempo. Anche a me ne è servito parecchio.
SH
Allora posso chiedertelo? Che persona sei?
JS
Sì. A parole precise i miei genitori sono coreani e io sono cresciuta in Italia. Questa è la frase che meglio mi rispecchia. Una frase che comprende sia l’eredità coreana dei miei genitori che l’esperienza ottenuta a contatto con la cultura italiana.
SH
Vuoi dire qualcosa ai giovani coreani cresciuti all’estero?
JS
Intanto affronta. Non rimanere troppo ferito/a. Non penso di avere altro da dire. Se ti deridono per strada pensa di aver avuto un’esperienza occasionalmente disturbante, se ricevi un trattamento ingiusto, cerca di risollevarti con la voglia di fare meglio. Penso che sia giusto lasciar trascorrere. Solo dopo aver affrontato direttamente queste cose riesci a rafforzarti. Fortunatamente al giorno d’oggi non mi pongo più queste domande. Il momento in cui riesci ad accettare la tua identità arriva.
SH
Ascoltando le tue parole penso che tu ti sia sentita molto sola.
JS
Io personalmente non ho affrontato con solidità il processo di fronteggiare apertamente o l’atto di accettazione delle cose per come stanno. Quando qualcuno mi prendeva in giro o lo seguivo per picchiarlo o mi mettevo a piangere o mi arrabbiavo con i miei o marinavo la scuola per uscire fuori.
SH
Cosa facevi quando ti sentivi sola?
JS
Sinceramente non ricordo di preciso cosa facevo in passato nei momenti di solitudine. Quando mi sono avvicinata alla filosofia in quarta superiore, riflettevo sul fatto di sentire la solitudine e ho passato anche qualche notti intere a piangere. Altrimenti, cercavo di riempire la mia vita affinché non lasciassi spazi per questo sentimento. Passavo il tempo con mia sorella o uscivo fuori.
SH
Durante questa intervista il tema dell’identità è uscito più volte e per questo vorrei farti una domanda extra. Come ti definiresti attraverso tre parole chiave o immagini?
JS
Multi / fedele/ concreta, sono una persona che ha bisogno di vedere direttamente e di prove.
SH
Per ultimo se visualizzassi la solitudine, come la dipingeresti?
JS
Ho pensato ad un’opera che esprime bene la solitudine. Alexander Rothaug, pittore del ventesimo secolo. Dipinge la scena in cui Ulisse, rinchiuso nell’isola di Calipso da 9 anni osserva il mare nostalgico della patria. In quarta superiore quando non volevo andare a scuola, ho marinato un paio di lezioni. Al posto     della scuola, passavo il tempo immersa nella cultura, visitando mostre o guardando film. Questo quadro l’ho visto durante la mostra sull’acqua e il fuoco organizzata a Palazzo Reale, presentato nella sezione “Acqua”. Sono rimasta di fronte a questo dipinto per ore. Nonostante le dimensioni piccole (meno di un foglio A4) Ho avuto la sensazione di condividere la mia solitudine con la solitudine del protagonista, Ho sentito di essere in un momento di completa partecipazione. Per questo se potessi vedere la solitudine la immaginerei così.





Una Storia Comune
N.2 <Jiseon Moon>

Photography: Yegi Lee
Interview: Solhee Baek


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Solhee Baek
Prima di tutto potrebbe presentarsi?
Jiseon Moon
Innanzitutto, vorrei ringraziarvi per avermi invitato come intervistata per il primo numero di Keener. Sono Moon Ji Seon e attualmente vivo a Milano. Sono una persona ordinaria che prima di stanziarsi a Milano, ha vissuto in diverse nazioni e città.
SH
Tutto qui? Potrebbe aggiungere qualche dettaglio, per favore?
JS
Haha, Ho studiato Design Industriale. Al momento, sto lavorando come freelancer in tre campi: Service Design, Interpretariato e Agente Commerciale, facendo avanti e indietro in vari posti.
SH
Ha detto che ha vissuto in diverse città. Puo’ essere più specifica?
JS
Sono nata in Germania. Ho trascorso sette anni in Germania, dieci mesi in Corea del Sud e successivamente mi sono trasferita in Italia. In seguito, ho passato tre anni in Toscana, due in Liguria poi sempre a Milano ed infine con tutta la famiglia in Australia con l’obiettivo di rimanerci a lungo. Tuttavia, dopo un anno siamo ritornati a Milano dove ho iniziato gli studi universitari con una piccola parentesi di studio all’estero a Parigi.
SH
So che come prima domanda potrebbe metterti a disagio. Ti sei mai sentita sola?
JS
È una domanda semplice ma allo stesso tempo complessa. A questa domanda la maggior parte delle persone risponderebbe di sì. Forse potrebbe essere più interessante chiedere se ho avuto momenti in cui non ho sentito la solitudine. Ho provato diversi tipi di solitudine. Inizialmente la solitudine che si prova  non appena si conosce il mondo fuori dalla famiglia. In seguito la solitudine che si prova all’interno della stessa famiglia, comprendendo così che la solitudine è un sentimento sempre presente, tra le persone.
SH
Parlando di solitudine all’interno e all’esterno della famiglia, di preciso che esperienze sono?
JS
In specifico, nel momento in cui esco di casa le persone, l’ambiente, ogni cosa in generale è il mondo fuori di casa. Nei primi anni di vita, conoscevo solamente la  famiglia e dopo essere cresciuta sotto l’affetto e la protezione famigliare, in un istante venendo a contatto con il mondo ho imparato il concetto di diversità. Il periodo in cui ho vissuto in Corea è stato breve, gran parte della mia vita l’ho passata all’estero e quindi ogni volta che uscivo di casa la “diversità” mi veniva a trovare. In quei momenti prima di pensare “ah mi sento sola”, riflettendo sui vari sentimenti che iniziavo a provare ho capito che tra di questi si trovava la solitudine. Crescendo e iniziando ad incontrare e a trascorrere tempo con persone e in situazioni più simili a me, gradualmente ho iniziato a provare una solitudine derivante da piccole incomprensioni o contrasti in famiglia.
SH
In base alle diverse situazioni in cui ti sei trovata, di preciso il tuo carattere di fronte ad amici di diverse culture, stessa cultura e famiglia, come variava?
JS
Ho veramente tante esperienze a riguardo. Pur avendo vissuto come straniera per tanto tempo, sono nata e cresciuta in un’atmosfera familiare molto conservatrice,  ereditando così all’inizio l’insieme di valori e la cultura stessa. Poi, iniziando ad andare a scuola, incontrando nuove persone e imparando nuovi pensieri ho iniziato a sviluppare un modo di pensare ed una serie di valori miei. Facendo sempre più miei questi valori, ho iniziato ad avere le prime idee non combacianti con i miei genitori. Questo non deve essere interpretato come uno scontro improvviso tra due modi di pensieri all’opposto ma bensì come un mix che è affiorato piano piano. Mostrando L’io che ho imparato attraverso la famiglia, le cose che ritengo preziose e che scelgo, e l’io influenzato dagli amici ho spesso avuto momenti di discussione su come la pensassi riguardo a vari argomenti. All’interno di questo processo piuttosto che parlare di solitudine la intenderei come un essere costantemente accompagnata da questo sentimento.
SH
Da un certo punto di vista potrei dire che hai vissuto intensamente?
JS
Potrebbe essere inteso come ardente o in modo accanito ma anche nei momenti in cui constatavo una diversità non colmabile, comunque riuscivo a trovare dei motivi validi. Ad esempio, se un/a mio/a amico/a non mi capiva riuscivo a comprenderlo/a dicendomi tra me stessa “ah perché lui/lei è italiano/a“ o nel caso dei miei genitori “in verità i miei genitori non conoscono a fondo la cultura italiana”. Questo mi ha permesso di allargare i miei orizzonti di comprensione. Anche in questi momenti, tuttavia, spesso mi veniva in mente “ma da quando siamo stati così differenti?”
SH
Per raggiungere questo livello di comprensione penso che tu ti sia dedicata molto alla comunicazione.
JS
Dipende da periodo a periodo. Momenti quasi di tenacia, impegnandomi al massimo per cercare di comprendere quella persona, momenti in cui ero fissata completamente sul mio pensiero. Quando ero più piccola il processo era molto più naturale, ma ad un certo punto questo attributo è venuto a mancare. Ho sentito un allontanamento tra il corpo di valori mio e quello dei miei genitori, ho sentito sempre un allontanamento anche con i miei amici nel momento in cui ho capito che il nostro modo di pensare era cambiato e non potevamo più connetterci. Sì se vogliamo usare il termine accanito potrebbe essere definite tale.
SH
C’è per caso un tratto speciale tra le persone con cui sei riuscita a stabilire una relazione profonda?
JS
Appena ho letto questa domanda sapevo che dovevo prepararmi in anticipo, ma per la difficoltà non ci sono riuscita. Nel momento in cui me l’hai fatta direttamente mi è venuta in mente una risposta. Un punto in comune particolare di queste persone è il fatto che fanno le stesse domande. Di preciso, facciamo tra di noi le stesse domande. Ovviamente le risposte possono essere differenti. Ma mi sembra importante l’atto stesso di fare domande simili. O altrimenti, quando uno fa una domanda a cui non avevamo mai pensato, iniziamo a riflettere sul fatto che avremmo dovuto porci questa domanda; tutto questo mi sembra essere il più grande fattore in comune tra le persone con cui ho stretto un rapporto profondo. Ad esempio, io ho fatto sempre tante domande riguardanti Dio. Ne ho parlato costantemente con mamma, sorella, fratello, amici e insegnanti. Questo perché sono nata in una famiglia cristiana e la maggior parte dei miei amici erano cattolici o atei. Per questo motivo, sono riuscita a conoscere numerosi punti di vista. Quindi, quando riuscivo a trovare un punto interessante nelle domande altrui, un punto che volevo condividere, in quel caso ho notato che la relazione diventava una connessione.
SH
Mi sembra che tu abbia fatto e faccia parte ancora oggi di numerosi gruppi, per citarne alcuni la comunità coreana, la chiesa coreana, scuola italiana, società italiana ecc. Ritengo che tu abbia avuto numerosi imprevisti prima di raggiungere questo modo di pensare. Hai avuto particolari difficoltà o puoi dirmi qualche sforzo che hai fatto per connetterti con queste persone?
JS
Ho avuto molti momenti del genere. Mi viene in mente la mia infanzia. Volevo diventare amica con una persona, ma non volevo far parte del gruppo a cui apparteneva quest’ultima. Ripensandoci penso che questo sentimento derivava dal fatto che il suo gruppo era molto “riconosciuto” dal punto di vista sociale e quindi volevo stare insieme a loro e mi vergogno del fatto di non essermi comportata da me stessa quando in modo quasi forzato dovevo trascorrere del tempo con loro.
Comunque, penso che per mantenere un rapporto continuo serva impegno e tanta volontà.
SH
Per i tuoi attuali rapporti che genere di impegno hai dovuto mettere in atto?
JS
Sincerità, essere autentici. Penso che la sincerità debba venire prima di tutto. Non importa quanto sei diverso da quella persona. Ma se indossi una maschera per cercare di somigliarmi in modo forzato o ti senti in un modo ma esterni un altro sentimento (mancando quindi di sincerità) allora penso che questo sia un comportamento sia furbo ma anche ambiguo.
SH
Quindi pensi che anche se uno mostra un lato negativo è meglio essere sinceri piuttosto che ipocriti?
JS
Ovviamente ognuno durante la propria vita sociale, mostra aspetti diversi rispetto al carattere originale. Ad esempio, quello che vorrei richiedere è parlare con sincerità. Anche un semplice saluto o chiedermi come sto, vorrei che derivasse da un sincero interessamento nei miei confronti. Questo si riferisce anche allo stare in silenzio quando non si ha voglia di parlare.
SH
Penso che tu abbia una buona mentalità riguardo ai rapporti interpersonali.
JS
Utilizzatelo quanto volete.
SH
Quindi questa mentalità l’hai ottenuta in modo naturale o dopo aver affrontato numerose esperienze?
JS
Entrambi. Su questo ringrazio molto mio padre, perché non abbiamo mai smesso di discutere su vari temi. Di fronte ad un problema, seduti sul tavolo come ad un “debating club”, ascoltavamo le opinioni rispettive, condividendo le nostre conclusioni e le ragioni che supportano queste. Ovviamente, la conclusione era sempre “la penso a modo mio”.  Da mio padre ho imparato l’importanza di riflettere dal punto di vista del prossimo, applicando questo modo di vivere anche nelle relazioni con i miei amici. Spesso mio padre mi diceva “Hai mai provato a riflettere dal mio punto di vista?”. Quindi, penso di essere una persona che giunge alle conclusioni in modo autonomo, senza però trascurare le opinioni altrui.
SH
Penso sia un ottimo metodo di comunicazione.
JS
È troppo facile non parlare con una persona solo perché penso di avere idee contrastanti e inconciliabili, preferisco ascoltare fino alla fine il pensiero di una persona per quanto possa essere diverso dal mio. Per questo motivo, è anche una forma di rispetto da parte mia riordinare le mie idee e comunicarle al prossimo.
SH
Ora passiamo ad altro e vorrei chiederti quali sono i vantaggi o gli svantaggi di essere una coreana nata e vissuta in diversi paesi all’estero.
JS
Prima di tutto, direi il fatto di avere una prospettiva più larga rispetto alle persone che hanno vissuto in un solo paese, il fatto di aver appreso un atteggiamento attraverso cui se c’è qualcosa da vedere o da imparare cerco di aprirmi dando il meglio di me stessa. Il fatto di conoscere un paese, una lingua, una cultura in più. Parlando dei difetti, soprattutto in età più giovane, direi la confusione sulla mia identità. Quando ero più piccola, in tutta la città la mia famiglia era l’unica famiglia asiatica e a scuola gli unici asiatici eravamo io, mia sorella e una  ragazza cinese. Crescendo in un ambiente del genere ne ho viste di ogni. Riflettendoci, penso che all’epoca ne ho sofferto abbastanza. Erano bambini che, di fronte a persone ed una cultura con cui non avevano mai avuto contatti, hanno iniziato a deridermi e prendere in giro, una presa in giro tipica da bambini, senza cattiveria, ma comunque sbagliata e capace di ferire. Ho anche un altro aneddoto divertente. Un giorno si è trasferito nella nostra scuola un ragazzo. Io pensavo che parlando bene l’italiano non avrebbe mai saputo che fossi coreana. Per questo motivo, di fronte a lui ho sfoggiato il mio italiano e lui mi ha chiesto “sei cinese?”. All’epoca sono rimasta scioccata. Chiedendomi tra me stessa come ha fatto a scoprirlo? In quale punto ho sbagliato? Non ho proprio pensato che il motivo poteva essere il mio aspetto esteriore, dato che non mi era mai venuto in mente che siamo diversi nell’aspetto. Anche l’espressione “scoperta” è abbastanza interessante visto che non è assolutamente una cosa da nascondere, ma volevo farlo per rimanere nel gruppo. Nel caso riuscissi a nasconderlo. Quando non ero riuscita a ben definire la mia identità, volevo essere considerata non coreana ma italiana, australiana; in generale essere considerata della stessa nazionalità del paese in cui mi trovavo. Queste confusioni sono un processo da cui non bisogna scappare. Solo dopo aver affrontato questo processo, si è capaci alla fine di giungere a conclusioni del tipo “ Io non sono né coreana né italiana.”. O altrimenti “ io sono sia coreana che italiana”, raggiungendo una sorta di solidità. Sicuramente ci vuole del tempo. Anche a me ne è servito parecchio.
SH
Allora posso chiedertelo? Che persona sei?
JS
Sì. A parole precise i miei genitori sono coreani e io sono cresciuta in Italia. Questa è la frase che meglio mi rispecchia. Una frase che comprende sia l’eredità coreana dei miei genitori che l’esperienza ottenuta a contatto con la cultura italiana.
SH
Vuoi dire qualcosa ai giovani coreani cresciuti all’estero?
JS
Intanto affronta. Non rimanere troppo ferito/a. Non penso di avere altro da dire. Se ti deridono per strada pensa di aver avuto un’esperienza occasionalmente disturbante, se ricevi un trattamento ingiusto, cerca di risollevarti con la voglia di fare meglio. Penso che sia giusto lasciar trascorrere. Solo dopo aver affrontato direttamente queste cose riesci a rafforzarti. Fortunatamente al giorno d’oggi non mi pongo più queste domande. Il momento in cui riesci ad accettare la tua identità arriva.
SH
Ascoltando le tue parole penso che tu ti sia sentita molto sola.
JS
Io personalmente non ho affrontato con solidità il processo di fronteggiare apertamente o l’atto di accettazione delle cose per come stanno. Quando qualcuno mi prendeva in giro o lo seguivo per picchiarlo o mi mettevo a piangere o mi arrabbiavo con i miei o marinavo la scuola per uscire fuori.
SH
Cosa facevi quando ti sentivi sola?
JS
Sinceramente non ricordo di preciso cosa facevo in passato nei momenti di solitudine. Quando mi sono avvicinata alla filosofia in quarta superiore, riflettevo sul fatto di sentire la solitudine e ho passato anche qualche notti intere a piangere. Altrimenti, cercavo di riempire la mia vita affinché non lasciassi spazi per questo sentimento. Passavo il tempo con mia sorella o uscivo fuori.
SH
Durante questa intervista il tema dell’identità è uscito più volte e per questo vorrei farti una domanda extra. Come ti definiresti attraverso tre parole chiave o immagini?
JS
Multi / fedele/ concreta, sono una persona che ha bisogno di vedere direttamente e di prove.
SH
Per ultimo se visualizzassi la solitudine, come la dipingeresti?
JS
Ho pensato ad un’opera che esprime bene la solitudine. Alexander Rothaug, pittore del ventesimo secolo. Dipinge la scena in cui Ulisse, rinchiuso nell’isola di Calipso da 9 anni osserva il mare nostalgico della patria. In quarta superiore quando non volevo andare a scuola, ho marinato un paio di lezioni. Al posto     della scuola, passavo il tempo immersa nella cultura, visitando mostre o guardando film. Questo quadro l’ho visto durante la mostra sull’acqua e il fuoco organizzata a Palazzo Reale, presentato nella sezione “Acqua”. Sono rimasta di fronte a questo dipinto per ore. Nonostante le dimensioni piccole (meno di un foglio A4) Ho avuto la sensazione di condividere la mia solitudine con la solitudine del protagonista, Ho sentito di essere in un momento di completa partecipazione. Per questo se potessi vedere la solitudine la immaginerei così.

Una Storia Comune
N.2 <Jiseon Moon>



Photography: Yegi Lee
Interview: Solhee Baek